Riordino degli studi artistici, musicali e coreutici – DDL Atto Senato 2020

Il DDM-GO (Docenti di Didattica della Musica – Gruppo Operativo) ha inviato all’attenzione del Presidente della VII Commissione del Senato della Repubblica e dei suoi componenti, la richiesta di audizione con l’allegato documento sul  DDL 2020 (Russo et al.) di Delega al Governo per il riordino degli studi artistici, musicali e coreutici”.

Premessa

I reiterati interventi normativi degli ultimi vent’anni nella “filiera” della formazione musicale hanno evidenziato la carenza di una profonda riflessione epistemologica, psicopedagogica e didattica. Ne sono così scaturiti progressivi “aggiustamenti” che – per quanto meritori nelle intenzioni – hanno dato al settore risposte poco coerenti con quanto maturato grazie all’esperienza di buone pratiche, alla ricerca e alla letteratura che ne è derivata.
Lo stesso dibattito su “orientamento” vs “indirizzo” (già avviatosi all’epoca della riconduzione a ordinamento delle Scuole Medie a Orientamento Musicale) non è del tutto risolto, sebbene i programmi di allora abbiano recepito in gran parte le indicazioni provenienti dai settori più avanzati dell’educazione musicale. Così come le attuali Indicazioni Nazionali per il curricolo hanno chiarito che il percorso musicale e strumentale delle Smim ha valore formativo e non professionalizzante, mantenendosi peraltro aperto all’inclusione di diversamente abili.
Inoltre, le ricadute negative di scelte poco coerenti non hanno riguardato solo i vari tentativi di riordino degli studi ma, peggio, la stessa formazione dei docenti per la quale non si è saputo fare tesoro dell’esperienza delle Ssis e in parte dei successivi corsi di TFA, dove il tirocinio costituiva il perno della professione docente.

I punti di criticità che vorremmo rilevare in merito al DDL sono relativi ai seguenti aspetti:
1) assetto ordinamentale e procedure di delega (Art. 1; Art. 7; Art. 8)
2) articolazione dei percorsi formativi (Art. 2; Art. 3; Art. 4; Art. 5; Art. 6)

1) Assetto ordinamentale e procedure di delega
(Art. 1; Art. 7; Art. 8)

Innanzitutto si rileva che il ricorso alla delega, in parziale sovrapposizione a una precedente delega tuttora non pienamente attuata (cfr. DLvo 13 aprile 2017, n. 60, art. 13), testimonia di fatto una difficoltà nell’attuare quanto in parte già sancito da norme pregresse. Sul piano del metodo, quindi, ogni eventuale riordino degli assetti organizzativi scolastici dovrebbe considerare anzitutto:

  1. a) la capacità della compagine governativa di turno di farsi carico in tempi utili delle norme approvate dal Parlamento (pena il rischio di ingolfo normativo a livello attuativo);
  2. b) l’aggiornamento del necessario coordinamento tra testi normativi richiamati, con particolare riferimento alle nuove classi di concorso, nonché ai percorsi formativi, in certi casi non più esistenti, in merito ai titoli rilasciati e alle loro possibili equipollenze.

In secondo luogo, se da un lato si può ritenere positivo l’intento di considerare in modo unitario i possibili interventi di “riordino e armonizzazione complessiva degli studi della formazione artistica, musicale e coreutica”, dall’altro si rischia di vanificare tale intento utilizzando terminologie specifiche che differenziano il “Tempo musica” dal “Tempo pieno delle arti”. Sarebbe più opportuno considerare un’unica categoria di organizzazione del tempo scuola dedicato all’area artistica secondo un modello curricolare flessibile, basato su un’articolazione oraria che consenta a ciascun/a bambino/a la maturazione progressiva di proprie vocazioni artistiche[1]. Ciò non solo per garantire uno sviluppo armonico in cui il corpo costituisca la matrice espressiva comune ai diversi linguaggi, ma anche al fine di intercettare in modo rispettoso delle tappe dello sviluppo i cosiddetti “talenti”. Preferibile quindi partire dall’idea di curricolo orientato artisticamente, dove tutte le discipline, non solo artistiche, concorrano allo sviluppo di un pensiero estetico-creativo, e non di mere “abilità” artistiche.
Guardando ancora unitariamente al sistema formativo integrato, soprattutto in campo musicale, si ricorda come questo veda un’ampia compartecipazione dell’associazionismo e del Terzo Settore, che una proposta di riordino complessivo non può ignorare.

In terzo luogo si fa notare che la normativa vigente già prevede la possibilità di utilizzare le ore aggiuntive settimanali o la rimodulazione flessibile dei quadri orari[2]. Non si tratta quindi di ribadire quanto già previsto, bensì di predisporre strumenti e finanziamenti che possano rendere praticabile tale “possibilità di attivazione”, sulla base delle seguenti condizioni:

  1. a) pianificazione del tempo scuola in relazione al curricolo di musica;
  2. b) adeguamento architettonico-logistico e strumentale (spazi, aule, attrezzature ecc.), a cui nel DDL non si fa invece minimamente cenno;
  3. c) reclutamento di docenti altamente qualificati tanto a livello psicopedagogico, quanto artistico.

Le soluzioni prospettate per l’individuazione dei docenti, basate su quanto già previsto dalla normativa vigente, appaiono frammentarie, poco coerenti e non sempre aggiornate. Per realizzare per tutte/i un curricolo di musica secondo le Indicazioni nazionali, è necessario formalizzare la figura giuridica del docente di musica per la scuola primaria, incardinato in una specifica classe di concorso e prevedere specifici percorsi di formazione iniziale e in servizio in grado di curarne le competenze didattico-musicali.
Ogni altra soluzione rischia di risultare provvisoria e di non garantire continuità e qualità professionale. Essenziale è quindi raccordare i provvedimenti previsti dal DDL con la normativa relativa alla formazione iniziale degli insegnanti e al successivo reclutamento.

2) Articolazione dei percorsi formativi
(Art. 2, comma 1 a, b; Art. 3, comma 1 a, b, c; Art. 4, comma 1 a, b; Art. 5, comma 1 a, b; Art. 6 comma 1 a,b, c)

Con riferimento generale al settore musica, preme sottolineare che gli interventi previsti dal DDL rischiano di generare incoerenze e contraddizioni se viene meno una visione unitaria del sistema formativo e se la dimensione professionalizzante non si innesta sul terreno di una educazione musicale curricolare generalizzata, ovvero garantita a tutti/e. Sollecitiamo quindi l’attenzione del legislatore su un principio formativo che riteniamo prioritario, e cioè la ricerca di un rapporto equilibrato tra obbligatorietà e opzionalità, tra collettivo e individuale, tra percorsi validi per tutti e, invece, personalizzati.

Per segmenti, sottolineiamo in particolare i seguenti nodi strutturali:

– nella scuola primaria la disciplina Musica, pur prevista dalle Indicazioni Nazionali, non viene di fatto insegnata per una carenza di competenze didattico-musicali da parte dell’attuale corpo docente;

– all’interno dei piani formativi della secondaria di primo grado l’attuale disciplina Musica non può e non deve, in nessun caso, cessare di svolgere la funzione di formazione di carattere generale che le indicazioni Nazionali le assegnano; parimenti, la presenza di Indirizzi Musicali (ex Smim) non può eludere il ruolo di “orientamento” che la legge prescrive per questo segmento formativo e, quindi, prefigurarsi in funzione del solo Liceo Musicale;

– la Musica è assente come disciplina nel curricolo di tutte le scuole secondarie di secondo grado, ad eccezione dei Licei musicali; fatto questo grave e più volte denunciato;[3]

– a differenza dei Licei artistici, i Licei musicali non prevedono indirizzi che consentano di approfondire competenze necessarie alla prosecuzione degli studi nei diversi Trienni dell’AFAM (Interpretazione, Composizione, Nuove Tecnologie), o dell’università, e che preparino a diversificate professioni musicali.

Scuola primaria

È soprattutto a livello di scuola primaria che è bene non preconizzare eccessivamente un orientamento che, alla fine della filiera, si desidera immaginare professionalizzante. Ciò implica garantire a tutti i bambini e le bambine una formazione musicale curricolare quale diritto fondamentale. La “possibilità di attivare” il “Tempo musica” o il “Tempo pieno delle arti”, se demandata alla decisione d’istituzioni scolastiche e famiglie, rischia di trasformarsi in una “nicchia formativa” per pochi a discapito di tanti.
Nel Tempo musica non è chiarito quali attività siano previste per i “corsi di propedeutica musicale”. La dicitura presenta peraltro alcuni problemi sotto il profilo terminologico-concettuale, dato che è “propedeutico” ciò che si pone quale “premessa” a un “dopo” (analoga problematica presenta la definizione utilizzata nel testo di “pre-danza”). Ciò pare nuovamente rinviare a una concezione curricolare “verticale” sequenziale, orientata al solo sviluppo di abilità strumentali. Non si vede ragione per modificare l’attuale dicitura Musica già declinabile in una pluralità di attività musicali.
L’attivazione del “Tempo musica” e del “Tempo pieno delle arti” appare non coordinata con l’istituzione dell’“Istituto comprensivo a indirizzo musicale”. Se l’intento è di garantire a bambine e bambini di scuola primaria la possibilità di una completa educazione musicale, allora si dovrebbe avere il coraggio di modificare l’ordinamento della primaria in modo che a tutti (e non solo nelle ultime tre classi) sia garantito un sufficiente “tempo musica” in cui poter realizzare esperienze di canto corale, di pratica strumentale d’insieme (ancor prima che individuale), di ascolto, di pratiche creative anche in interazione con altri linguaggi artistici.
Appare infine del tutto ingiustificata (oltre che probabilmente impraticabile) la previsione all’art. 3, c. 1, lett. d, punto 1) che “l’insegnamento dello strumento musicale” possa avvenire “per un’ora a settimana per ciascun alunno”. Si ricorda come le più avanzate ricerche nel settore della didattica strumentale e le concrete esperienze di formazione strumentale di massa (come nel caso del Sistema delle Orchestre venezuelane, non a caso preso a modello da Claudio Abbado) abbiano dimostrato che la lezione collettiva di strumento (seppur a piccolo gruppo) sia di gran lunga preferibile alla lezione individuale. Modello quest’ultimo sotteso nel testo: forse più attento a creare occupazione (con una moltiplicazione dissennata di cattedre), che non a raggiungere risultati ottimali a livello degli apprendimenti musicali (con notevole vantaggio economico, peraltro, per le casse dello Stato).

Scuola secondaria di primo grado

Il DDL delega il Governo al “riordino della scuola secondaria di primo grado a indirizzo musicale, intesa come sostitutiva dei corsi inferiori dei corsi ordinamentali dei conservatori di musica” (Art. 1, comma 1 c). Si ritiene tale prospettiva estremamente problematica.
Anzitutto, la previsione di “potenziare, nelle sezioni a indirizzo musicale, la conoscenza della teoria musicale, la lettura ritmica e melodica, l’educazione dell’orecchio e i cenni di armonia e analisi musicale, utilizzando le due ore curriculari di musica” (Art. 4, comma 1, lett. b,), cancella decenni di conquiste pedagogico-didattiche che hanno consentito di superare la limitata prospettiva “conservatoriale” degli studi musicali. Le buone pratiche più recenti (come anche documentato nell’apposita area dedicata a “Musica a Scuola” dell’INDIRE[4]) testimoniano l’attenzione verso lo sviluppo integrale delle identità musicali, mediante una varietà di attività connesse ad ascolto attivo, produzione, improvvisazione, invenzione (anche con l’utilizzo di nuove tecnologie) e interpretazione con molteplici strumenti e mediante il corpo (body percussion ecc.).
Sempre nell’Art. 4 si fa riferimento alla ridefinizione delle attività e dei programmi in modo che “risultino allineati alle prove di ammissione al primo anno del liceo musicale”. Intento che, oltre ad essere discutibile, si presenta altamente irrealizzabile se preso alla lettera.
In tal caso, si dovrebbero infatti prevedere corsi relativi a tutti gli strumenti attivabili nel Liceo, e non limitatamente a quelli attualmente possibili per i corsi a indirizzo musicale. Il DDL sembra non porsi il problema dell’inevitabile moltiplicazione di cattedre di strumento e dei relativi finanziamenti necessari.

Scuola secondaria di secondo grado

Il DDL non prevede l’inserimento organico di “Musica” nei curricoli delle scuole secondarie superiori. Un’occasione mancata, quindi, che lascia irrisolto il problema dell’assenza della cultura musicale nella formazione dei giovani, tanto più necessaria nella fase post-pandemica.[5]

Il DDL fa riferimento unicamente ai Licei musicali, alternando indicazioni sulla ridefinizione dei programmi e delle prove di accesso (discutibile all’Art. 6, comma 1, lett. b, la richiesta di “conoscenza di almeno due chiavi musicali e dei rudimenti dell’armonia musicale”), con proposte specifiche su alcuni generi musicali, in particolare sul jazz[6].
A nostro avviso il progetto formativo del Liceo musicale dovrebbe orientare verso diverse professioni musicali mediante l’istituzione di indirizzi o curvature orarie che, oltre a consentire di coltivare inclinazioni individuali, siano funzionali anche all’ammissione ai Trienni offerti dall’AFAM e dall’Università per la formazione di compositori, storici della musica, insegnanti di discipline musicali, esperti di Tecnologie musicali, interpreti in diversi ambiti e generi musicali.

Note

[1] Cfr l’interessante assetto formativo del consolidato progetto pilota “Oriol Martorell” di Barcellona: https://docs.google.com/document/d/1hN7Qxc2dLAEzlMATVJ5m4mxl6JVDeVYAdHcST1cfsP8/edit

[2] Cfr. ad es. il DM n. 47 del 13 giugno 2006, con riferimento al D.M. 28 dicembre 2005 applicativo del D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226.

[3] Cfr. i due dossier pubblicato alle pagina web https://www.musicheria.net/rubriche/notizie/370-musica-nei-licei-autonomia-indirizzo-o-convenzioni e https://www.musicheria.net/rubriche/studi-e-ricerche/767-il-liceo-musicale.

[4] Cfr. https://www.indire.it/progetto/musica-a-scuola/

[5] Si fa riferimento al ruolo che la musica, come altre forme di espressione artistica, può svolgere ai fini della socializzazione e per il superamento di angosce e fragilità provocate dal confinamento.

[6] Preme ricordare come sino a non molti anni fa la formazione nei corsi di Musica jazz prevedesse il possesso di competenze musicali fondamentali trasversali, quali quelle connesse ai corsi di Teoria e solfeggio, di Armonia e di Storia della musica. A tali corsi si poteva infatti accedere esclusivamente previo un Diploma Accademico della durata di 5 o 7 anni, ovvero il compimento superiore di un corso decennale.

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