L’improvvisazione nell’educazione musicale e strumentale secondo i principi di Emile Jaques-Dalcroze.

“L’acqua sorgiva che lotta contro la resistenza delle pietre e delle rocce, crea delle forme spesso più belle di quelle create dallo sforzo paziente della pialla e del martello”. Cosa vuol dire Dalcroze con queste parole? Che spesso l’espressione musicale spontanea, ovvero l’improvvisazione, può essere più bella di quella creata con lavoro di pazienza e riflessione, cioè la composizione.
In ambito didattico–musicale l’utilizzo di modelli improvvisativi dà risultati di grande significato espressivo e di reale valore educativo. Questo perché l’improvvisazione è esprimere un pensiero appena concepito; cioè sviluppa un atteggiamento profondamente attivo nel momento in cui si fa musica, sviluppa la rapidità di decisione e di realizzazione, di concezione immediata delle strutture, di comunicazione diretta fra l’anima e il cervello che concepiscono e le dita, la mani e le braccia o la voce che realizzano. L’improvvisazione sviluppa capacità specifiche dell’ambito musicale, che però investono anche la sfera formativa generale: attenzione, concentrazione, memoria, capacità di analisi e sintesi, sviluppo della creatività e della fantasia, coscienza di sé, autocontrollo, prontezza di riflessi.

Con gli stessi vantaggi formativi l’improvvisazione viene impiegata anche nella didattica strumentale, visto che l’educazione strumentale non può essere scissa da quella musicale. In ambito strumentale l’improvvisazione ci dà la possibilità di mettere in atto una didattica dall’approccio più naturale e spontaneo di quanto non succeda in quella tradizionale, con cui generazioni di musicisti sono stati avvicinati allo strumento.

Uno dei motivi che ci spingono a distaccarci dalla didattica tradizionale sta nel fatto che questa comincia con la lettura delle note, mentre sentiamo la necessità di cercare vie più vicine a quelle dell’approccio al linguaggio parlato; quando i bambini imparano a parlare, infatti, lo fanno perché ascoltano gli adulti e li imitano, non perché imparano prima a leggere l’alfabeto.
Allo stesso modo è fondamentale che il bambino entri in contatto diretto con il suono, con la differenza fra le altezze dei suoni, le differenze di dinamica, di agogica, di fraseggio, di articolazione ecc. prima di imparare i segni con cui si indicano quegli elementi, e cioè prima di imparare la notazione.

Infatti, la notazione è solo un codice che sottintende la conoscenza del linguaggio che esso esprime, a cui fa riferimento. In altre parole, la notazione non è il suono, ma il segno con il quale noi indichiamo il suono.
In questo contesto, lo strumento che ci permette di entrare in diretto contatto con il suono e che ci permette di far musica dal primo momento senza mediazioni è l’improvvisazione.
Durante l’approccio improvvisativo il pianoforte ci offre vantaggi e svantaggi:
VANTAGGI:
1. Visivamente presenta caratteristiche molto chiare, come i tasti neri e bianchi, cosa molto stimolante, per un bambino;
2. Timbricamente è molto vario; essendo formato da diverse altre parti, oltre ai tasti, come il legno, le parti metalliche e le corde stesse, possiamo trarne timbri davvero diversi e numerosi, se spingiamo il bambino ad acquisire un’elasticità mentale che gli faccia usare il pianoforte in ogni sua parte;
3. Ha possibilità espressive quasi illimitate, data l’estensione ampia dei registri, i pedali, la dinamica, la possibilità di più suoni contemporanei.
Fra i vantaggi ce n’è uno che è anche uno svantaggio, a lungo andare, e cioè il fatto che il suono è lì già pronto; è sufficiente premere un tasto e avremo un suono, il che costituisce un elemento gratificante, un prodotto soddisfacente, per un principiante; però il rischio è che lo studente non venga educato ad ascoltare e a curare il proprio suono proprio perché lo ottiene così facilmente. E succede che alcuni pianisti rimangano “sordi”, non siano coscienti del loro suono e non percepiscano differenze drammaticamente importanti come quella che c’è fra staccato e legato, fra un fraseggio lungo e uno breve, fra modo maggiore e modo minore ecc. Questo succede molto difficilmente per gli strumentisti ad arco e a fiato, che lavorano sodo prima di ottenere un suono apprezzabile.

SVANTAGGI:
Impossibilità di prolungare il suono con un crescendo.
Mancanza di contatto diretto fra l’esecutore e la produzione del suono.
Dimensioni che non facilitano l’appropriazione, l’interiorizzazione di questo “oggetto sonoro”. Spesso, anzi, rimane talmente al di fuori per tutto il corso di studi che molti lo abbandonano subito dopo il diploma. Quest’ultima è un’ulteriore ragione per stimolare un approccio che implichi una relazione fisica stretta fra il bambino e lo strumento, un approccio non mediato

Vediamo in che modo possiamo farlo:
· Lavorando in gruppo, perché il gruppo stimola, fa crescere, rende attenti.
· Servendoci di un linguaggio fatto di suoni non strutturati secondo schemi armonico-melodici prestabiliti; quindi non sarà né linguaggio tonale, né modale, né pentafonico, ma solo il suono che risulta dal gesto dei bambini. Quindi avremo una tavolozza di colori fatta di suoni singoli, di cluster, di glissando.

Il lavoro si svolge in diverse fasi:

Fase esplorativa:
La prima fase è esplorativa, cioè si presenta lo strumento come un oggetto da scoprire.
Si porteranno i bambini a conoscere le possibilità espressive dello strumento, a trarre suoni dai diversi materiali adoperando non solo le dita, ma anche le mani, gli avambracci, i pugni chiusi, in tutti i modi utili servendoci di più linguaggi extra musicali paralleli, vale a dire:
· del movimento, tramite efficacissimo per la comprensione e la interiorizzazione del ritmo e dei parametri musicali
· di suggestioni immaginative, che ci aiutano a mettere in relazione l’oggetto che vogliamo far conoscere ai bambini con il loro bagaglio di esperienze quotidiane
Non è difficile per un maestro creativo che conosca i bambini guidarli nei loro progressi sulla tastiera, immaginando piccoli giochi con tutti i parametri del linguaggio musicale, (la dinamica, l’agogica, il fraseggio, le articolazioni, i registri).
Dalcroze dice: “Si può far notare che le dita camminano sulla tastiera come pesanti camion o come veloci automobili da corsa; saltano sui tasti come martelli; saltano da una parte all’altra sulla tastiera come a volte, quando piove, la gente salta fra una pozzanghera e l’altra; fanno balzi come fossero pulci; saltellano come passeri; si arrampicano sui tasti neri come su uno sgabello; fanno spostamenti in altezza e in larghezza; si chiudono gli occhi lasciando le dita andare da sole(…); si salta sui tasti al ritmo di una canzone conosciuta; si accelera, si rallenta per imitare un treno che parte e poi si ferma in una stazione; si immaginano dei dialoghi fra le mani; e liti fra le mani in cui esse parlano contemporaneamente; si imita il cinguettio degli uccelli e il passo pesante dell’orso”.
Fase elaborativa e creativa:
Dalla fase esplorativa, si passa spontaneamente a quella in cui mettiamo in relazione fra loro gli elementi che abbiamo scoperto: per esempio una sequenza di cluster suonati forte e una sequenza di suoni singoli suonati piano; oppure staccato e forte, legato e piano; si può stimolare un’ulteriore abilità col principio della dissociazione, chiedendo di fare ciò che non viene spontaneo, per esempio cluster suonati piano e suoni singoli forte; sviluppare un’idea a 4 mani chiedendo a uno dei due esecutori di imitare quel che fa l’altro; poi chiedendogli di fare il contrario di quel che fa l’altro. Le attività in duo o d’insieme sviluppano capacità di ascolto, analisi, memoria, di pronta reazione.
Fase analitica:
Nascono così forme musicali vere e proprie come AB, ABA, RONDO’. Una volta che dal lavoro di gruppo è nata un’idea è importante parlarne, ovvero che i bambini ne parlino stimolati dall’insegnante per avviare il processo di comprensione di ciò che si è creato e da cui possiamo trarre principi di carattere generale, secondo la legge per cui la teoria deriva dall’esperienza diretta e non viceversa. Per facilitare questo processo è utile servirsi di supporti grafici. (Ad esempio, se si vuole che la classe assimili il concetto di rondò, si può rappresentare questa forma attraverso un triangolo che si alterna con il cerchio, il quadrato, il rombo ecc.; oppure una mela che si alterna con pere, ciliegie, ananas). Poi possiamo stimolare la produzione grafica da parte dei bambini per esprimere un prodotto del lavoro fatto e servirci di quello per memorizzarla, per rieseguirla, come una sorta di notazione spontanea.
Quando il bambino si rende conto che le sue dita, le sue mani, le sue braccia hanno una propria vita, allora si sarà svegliata la sua volontà, così l’immaginazione; da questo momento il maestro può tentare di dare spiegazioni, dare regole, esigere una certa disciplina. Il bambino non si annoierà, anzi. Infatti, dal momento che la curiosità infantile si è svegliata le domande si moltiplicano ed entra in gioco l’amor proprio: il bambino esigerà dalle sue dita prestazioni sempre più grandi. Questo è il momento che tutti gli insegnanti aspettano: il momento in cui l’allievo trova dentro di sé la motivazione a fare ciò che l’insegnante vuole che lui faccia.
L’attività improvvisativa di gruppo in genere precede e poi affianca lo studio della tecnica e del repertorio, rimanendo importante per tutto il corso di studi. Anche in età adulta, infatti, l’improvvisazione concorre a tenere sveglia la creatività, la coscienza e la capacità di analisi di ogni tipo di musica che si ascolti o che si suoni.
Un secolo fa Dalcroze scriveva: “Sono rari i maestri di pianoforte che, nelle lezioni che impartiscono ai bambini, sappiano trovare il tempo di far precedere gli studi puramente tecnici da esercizi destinati a sviluppare in senso generale la loro musicalità e a indurre in loro il desiderio di esprimere i propri sentimenti sul pianoforte. L’educatore deve costantemente cercare di svegliare i sentimenti degli allievi e di suscitare in loro il bisogno di tradurli e di dar loro una forma.”

Esempio di approccio improvvisativo al pianoforte attraverso il racconto:
Giulio ha 5 anni e prende lezioni di pianoforte da tre mesi.
E’ un bambino iperattivo e creativo, con il vantaggio di essere pieno di curiosità e lo svantaggio di distrarsi molto facilmente.
Di conseguenza i nostri primi incontri si sono basati sulla diversificazione delle attività, mettendo in relazione l’esplorazione del pianoforte con personaggi delle fiabe e con le precedenti esperienze di Ritmica Dalcroze fatte da Giulio. Quindi dinamiche forti, registro basso e cluster per la strega cattiva di Biancaneve; movimenti e suoni veloci per gli animaletti della foresta; registro acuto, espressione dolce e suadente per La bella addormentata.
Molto spesso Giulio andava alla lavagna per disegnare il personaggio che stavamo suonando.
Durante una lezione stava imitando il movimento del cavallo, mentre io sonorizzavo al pianoforte: dopo avermi ascoltato, viene al pianoforte e suona con le due mani qualcosa con lo stesso ritmo che avevo usato io; da lì a farlo lungo tutta la tastiera come se questa fosse un sentiero il passo è stato breve; così, un po’ alla volta Giulio ha inventato una storia:
Zorro torna a casa
1. Alla sera, dopo aver fatto giustizia tutto il giorno, Zorro torna a casa, galoppando nella prateria: Giulio suona al ritmo del cavallo in su e in giù per la tastiera;
2. A un certo punto si ferma alla fonte per bere e vede un gatto che segue di soppiatto un uccellino, standogli sempre più addosso: io suono l’uccellino che fa uno, due, tre, quattro o cinque salti nel registro alto; Giulio ascolta i salti fatti dall’uccellino e suona per il gatto un numero uguale di salti, in un registro più basso e usando mezzo forte;
3. Finché il gatto tenta l’attacco finale, ma l’uccellino vola via: grande e forte salto di Giulio sul registro vicino a quello del volatile, io suono la fuga in volo con suoni cromatici in velocità;
4. Zorro riprende il cavallo e galoppa alla volta di casa: Giulio suona il cavallo, come prima;
5. Ma vede da lontano una bambina che piange, spaventata da un mostro cattivo: Giulio suona il mostro con sguardo spaventoso, usando le mani nel registro grave, cluster molto forti; poi, invece, suona per la bambina che piange una sorta di melodia di gradi congiunti e spesso cromatici, usando un dito alla volta, nel registro medio-acuto, con delicatezza;
6. La soluzione è semplice: Zorro ridisegna il volto del mostro cattivo, facendolo diventare molto buono, poi dà una caramella alla bambina, che smette di piangere; dopodiché riprende il cavallo e torna finalmente a casa: Giulio suona ancora il cavallo di Zorro, ma stavolta riesce ad esprimere, con il suo andare su e giù per i tasti con i cluster, un senso di conclusione, di cadenza finale.

Questa sua storia viene eseguita durante una manifestazione pubblica della scuola; viene raccontata da un altro bambino, con le illustrazioni che Giulio ha costantemente disegnato mentre la creava; questi disegni, messi in successione, non solo costituiscono la scenografia della storia, ma anche una partitura non convenzionale dalla quale scaturisce chiara la forma del Rondò.
Finalità educative:
· Sviluppo della creatività
· Capacità di agire relazionandosi con altre persone
· Capacità di capire quando è il proprio turno
· Sviluppo della memoria
· Sviluppo della prontezza di riflessi
· Sviluppo dell’attenzione e della concentrazione

Obiettivi musicali:
· Sviluppo della capacità di ascoltare, analizzare, comprendere e riprodurre una proposta altrui
· Orientamento sulla tastiera
· Comprensione e interiorizzazione della diversità dei timbri
· Comprensione e interiorizzazione della diversità dei registri
· Comprensione e interiorizzazione delle dinamiche
· Comprensione e interiorizzazione delle diverse velocità
· Comprensione e manipolazione delle possibilità espressive dello strumento
· Capacità di esprimere, attraverso il suono, diversi caratteri

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
EMILE JAQUES–DALCROZE: IL RITMO, LA MUSICA, L’EDUCAZIONE (ed. italiana a cura di Louisa Di Segni, Ed. ERI)
EMILE JAQUES-DALCROZE: SOUVENIRS. NOTES ET CRITIQUE (Ed Victor Attinger, Paris)
EMILE JAQUES-DALCROZE: LE RYTHME ET NOUS (Ed. Slatkine – Genève)

JOHN PAYNTER : SUONO E STRUTTURA (Ed. EDT)


Isa (Maria Luisa) D’Alessandro insegna Pratica della Lettura Vocale e Pianistica nella Scuola di Didattica del Conservatorio di Benevento ed è una docente accreditata di Ritmica Dalcroze.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Maggio 2006 del Bollettino dell’Associazione Italiana Jaques-Dalcroze

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